La ricreazione è finita di Dario Ferrari


Partiamo innanzitutto da un fatto: ciò di cui mi accingo a scrivere è un romanzo al quadrato, due romanzi in uno. I protagonisti, quindi, sono due: Marcello Gori, il primo ad apparire, trentenne laureato in Lettere ormai da qualche anno che si raccapezza secondo il principio minimo sforzo massima resa tra una ripetizione e l’altra, rifiutando l’idea di rinunciare al sogno un po’ bohemien degli studi intellettuali e andare a lavorare nel bar di suo padre; l’altro, che comparirà più avanti, piovuto quasi dal cielo – o sarebbe meglio dire dal chiarissimo professor Sacrosanti dell’Università di Pisa –, ovvero tale Tito Sella, definito dai primi risultati di ricerca su internet terrorista viareggino.

la ricreazione è finita

«Ci sono decisioni che segnano la piega che prenderà tutta una vita, e io finora quelle decisioni le ho sempre prese a caso. Se avessi dovuto scegliere cinque minuti dopo, avrei potuto tranquillamente fare l’esatto contrario, e non credo di aver affrontato nessuno snodo fondamentale della mia esistenza con una pur remota forma di ponderatezza e in vista di un obiettivo a lungo (o anche medio) termine. Tendenzialmente cerco di non muovermi, di procrastinare fino a quando tutte le possibilità sono evaporate e posso finalmente tornare a crogiolarmi nel mio bozzolo di inconcludenza. Oppure mi lascio trascinare dall’inerzia, e a un certo punto mi trovo ad aver fatto qualcosa senza aver mai realmente deciso di farla, cullato da una rassicurante bambagia di irresponsabilità.»

Marcello fa il suo ingresso senza grandi moine, mettendo le mani avanti, anzi, sul modo in cui si è arrabattato sinora, senza mai a guidarlo una vera spinta alle grandi imprese. Onestissimo con sé stesso e con chi lo legge, si è più o meno barcamenato senza prendersi grosse responsabilità. E l’escamotage narrativo del romanzo si piega alla medesima regola: un po’ per caso – più per culo, mi venga perdonato il termine – si ritrova a vincere un posto per il Dottorato in Italianistica. Di fatto pesce fuor d’acqua in un ambiente asfittico e intrappolato nelle sue ferree gerarchie, necessita di una guida: sarà il professor Sacrosanti, dall’alto della sua aura divino-accademica, a scegliere per lui l’argomento di tesi.

Tito Sella, scrivevo prima. Non appena Marcello lo cerca online, scopre con sgomento che non è, come gli è stato presentato, uno scrittore minore che meriterebbe maggiore attenzione e sul quale potrebbe in effetti essere fatto un interessante lavoro di ricerca anche rispetto a una presunta opera autobiografica da lui (forse) scritta e mai rinvenuta da anima viva (e proprio il nostro Marcello, primo fra tutti, dovrebbe trovare la fantomatica Fantasima), ma dai più identificato come terrorista italiano, proveniente da Viareggio (la stessa città di Marcello).

I due romanzi, a questo punto, si sviluppano parallelamente. Da un lato Marcello, alle prese con un impegno che scopre inedito, una dedizione allo studio, alla ricerca, una passione a muovere le sue giornate da dottorando in erba; dall’altro Tito Sella, l’ambiente in cui è cresciuto, i primi compagni con i quali progetta un futuro che sembra essere lontano soprattutto per chi, come loro, non ha nulla fra le mani. Non nego che non appena l’autore si è dedicato in maniera più ampia a Tito Sella, una delle prime cose che ho fatto (come Marcello, pensate un po’) è stato googlarlo. Non nego neppure la delusione nello scoprire che le uniche testimonianze di questo Tito siano quelle riferite a La ricreazione è finita: la verità è che la ricostruzione biografica di questo ragazzo, poi diventato uomo, sia stata così accurata da avermi tratto in inganno: ero convinta che questo terrorista fosse realmente esistito, il suo profilo d’altronde potrebbe coincidere con quello di moltissimi uomini che hanno operato nel periodo degli anni di Piombo.

Sella si domanderà spesso – e con lui anche io me lo sono chiesto – cosa significhi Fare la rivoluzione. Quanto è corretto sacrificare chi si interpone fra sé e il fine “comune”? Non importa davvero sapere di mettere a repentaglio, con il proprio atto rivoluzionario, chi si trova di mezzo? Non spaventa l’idea di manovrare la vita degli altri per abbattere il Sistema? Sella si chiederà, man mano che si addentrerà nella lotta, il proprio ruolo, mettendo in discussione la propria identità e quella delle persone con le quali ha condiviso il sogno di cambiare il mondo, o quantomeno quello del proprio paese. È interessante vedere come all’interno del romanzo questa consapevolezza sia assolutamente credibile, sia per noi che stiamo leggendo e scoprendo sempre più pezzi rimasti silenti della storia di Tito Sella, sia per Marcello, che di fatto sarà colui che prima di altri arriverà al cuore della questione.

Nonostante l’incredibile lavoro fatto per il “secondo” romanzo, il primo però non perde colpi. Seppur canzonatorio dall’inizio alla fine, non trascura di essere altrettanto autentico. Non soltanto l’ambiente universitario, in cui le vere diatribe si sviluppano a suon di note a piè di pagina, ma anche quello della vita di provincia. C’è sufficiente spazio (e destrezza narrativa, ovviamente) perché si approfondiscano trame secondarie e terziarie, addirittura. Dai genitori di Marcello – le pagine dedicate a suo padre sono state a tratti commoventi –, alla deriva psicologica che una vita dedita alla carriera può tragicamente causare, a fatti di cronaca più o meno recente, come la scena parigina di cinque anni fa dei gilet gialli.

dario ferrari

Insomma, Dario Ferrari ha dato alle stampe uno dei romanzi a mio parere meglio riusciti degli ultimi anni. Ironico, dissacrante, al contempo accorato, pregno di riflessioni che in un modo o nell’altro ci riguardano tutti.

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